La storia dell'Opera

Affinché le une potessero
essere di soccorso alle altre

   
 
 
DALL'OSPEDALINO DELLE DONNE POVERE ALLA FONDAZIONE OPERA PIA CURTI
 
La lunga vita dell'Opera Pia Curti iniziò il 15 maggio 1792, quando l'amministrazione dell'Ospedale della SS. Trinità concesse al Prevosto Giovanni Battista Curti l'uso di un corpo di casa "di ragione di questo Ospitale" per l'assistenza di "poveri infermi incurabili". L'atto, rogato dal notaio Francesco Valenzasca, impegnò l'ormai anziano sacerdote a depositare nelle casse dell'ospedale un capitale di 1333,68 lire di Piemonte. 
Le coerenze dell'edificio, confinante a est col nosocomio, sono così descritte da Piero Zanetta :" A mezzogiorno in parte con altro corpo di casa dell'ospedale ma affittato a Giacomo Maria e fratelli Viola ed in parte con strada, a sera con la strada e a monte con altra casa abitata da Giacomo Forzano e altri, comprendente vari locali al piano terreno e primo, ancora esistenti cinquant'anni fa, lungo l'attuale via Brunelli Maioni al termine della piazzetta della Trinità". Riadattati i locali di questa casa, detta impropriamente del Viola e sita nell'allora contrada della Trinità al nr. 167 (l'ospedale si era pure impegnato a realizzare un agevole collegamento tra i fabbricati contigui dei due istituti) ,furono accolte le prime sette donne affidate alle cure delle due infermiere del Borgo. Poco dopo, il 6 maggio 1794, avanti al notaio Domenico De Vecchi, fu legalmente costituita l'Opera Pia con lo scopo di rendere stabile e continua l'attività benefica avviata da don Curti. Il fondatore affidò ai prevosti suoi successori il compito di guidare l'istituto e di custodirne lo spririto iniziale.
Per ottanta anni, il pio luogo, organizzato in modo semplice e austero, rimase dov'era sorto, assumendo la denominazione prima di Ospidaletto, come negli intendimenti di don Curti, poi di Ospitalino oppure Ospedalino e la stessa piazzetta di via Brunelli Maioni sulla quale s'affacciava incominciò a esser detta comunemente la piazzetta dell'Ospedalino. Furono anni duri, durante i quali l'ente dovette affrontare una difficile navigazione in mezzo a guerre, crisi economiche e rivolgimenti politici. La povertà diffusa ovunque e la limitatezza del suo patrimonio non consentirono che modeste migliorie rispetto alla situazione di partenza. Tuttavia ,questo primo periodo fu decisivo, perchè ,temprata dalle traversie affrontate, l'Opera Pia conquistò una sua identità autonoma tanto da essere inclusa, quando le nebbie della restaurazione andavano ormai diradandosi, nel celebre dizionario di Goffredo Casalis, tra le istituzioni eminenti di Borgomanero.
Nell'atto del 1792, l'ospedale si era riservato il diritto di rientrare in possesso dei locali concessi all'Opera Pia Curti in caso di bisogno, dietro il reperimento di <<un'altra casa a piacimento del prevosto>> oppure la restituzione del capitale depositato. Questa eventualità si verificò agli inizi degli anni Settanta dell'Ottocento. Il cambiamento di sede segnò l'apertura di una nuova fase della sua storia.
L'Ospedale aveva richiesto ufficialmente nel 1871 il rilascio dei locali occupati dall'Opera Pia Curti il cui termine fu dapprima fissato per il giorno di San Martino del 1874. La nuova sistemazione fu trovata in una casa rustica del quartiere di Cureggio, all'angolo tra via e vicolo del Caneto all'allora n. 7, di proprietà dell'Ente morale Scuole Tecniche Vallenzasca, costituitosi col lascito di Giovanni Battista Vallenzasca e amministrato dal Consiglio comunale. Le settemila lire pagate dall'Ospedalino per l'acquisto furono raccolte unendo il doppio del capitale versato ai tempi dal prevosto Curti e reso dall'ospedale <<oltre quanto potrebbe forse di diritto pretendere quest'Opera Pia>>, il ricavato della vendita dei mobili dell'eredità Colombo e i fondi deliberati dall'Opera Pia Cattaneo il 29 giugno 1874.
Il Consiglio comunale, con sindaco Vincenzo Tornielli, accettò la vendita a trattativa privata nella seduta del 4 maggio 1874. L'atto fu rogato il 14 novembre presso il notaio Michele Molteni e le dodici donne si trasferirono nella nuova casa al principio del febbraio 1875.
Mentre, la contrada della Trinità, vicina ai filatoi, aveva carattere residenziale, la zona nella quale trovava sistemazione il nuovo ospedalino era caratterizzata da abitazioni modeste, non di rado costrette, con poca luce, umide e fatiscenti, ed era  <<pressoché tutta abitata da coloni>>. Entrati in possesso dello stabile, gli amministratori affrontarono dunque il compito non meno complicato di reperire le risorse per la sua ristrutturazione (in particolare quella del piano terreno ancora inabitabile), le quali furono procurate attraverso la vendita di un altro immobile del lascito Colombo. Gli spazi non utilizzabili, come il portico, la tinaia e la cantina, furono affittati per ricavarne reddito. Nel 1878, erano state riadattate otto camere che ospitavano venti donne. Per evitare il sovraffollamento, fu quindi necessario aggiustare un altro locale da aggiungere ai precedenti. Le camere raggiunsero il numero di undici, ma le condizioni igieniche non erano delle migliori e mancavano spazi all'aperto. Le riunioni dell'ammistrazione dovevano forzatamente tenersi presso la casa parrocchiale, dove era pure conservato l'archivio dell'opera pia. In via Caneto, una camera <<munita del focolare e dei mobili convenienti>> era a disposizione delle direttrici, mentre, al pianterreno, era stata allestita una piccola camera mortuaria.
Finalmente, nel 1893, gli amministratori, preso atto dell'impossibilità di apportare al fabbricato ulteriori miglioramenti e fidando dell'arrivo di nuove rendite, decisero di costruire un grande e moderno edificio funzionale e igienico. La casa di via Caneto fu messa all'asta e, andati a vuoto i tentativi esperiti, fu ceduta a trattativa privata a Pietro Ruga. La consegna al nuovo proprietario era prevista per il novembre 1899, quando i ricoverati si sarebbero trasferiti nel nuovo stabilimento di Viale Zoppis.
La reallizzazione della nuova struttura prese avvio con l'insediamento nel 1895 di una commissione incaricata di ricercare l'area più idonea, rintracciata a nord del Borgo sul <<nuovo viale detto di S. Caterina>>. Proprio in quegli anni e in quella direzione, si stava espandendo la nuova Borgomanero dell'industria e dei primi servizi (l'incannatoio Imperatori, in seguito Wollert e Strazza, la falegnameria Cassina, la cereria Savoini, poi la Torcitura e, infine, il nuovo ospedale civile). Su pressione del marchese Ricci e dell'avvocato Bonola, <<che seppero a Roma aprire le porte della burocrazia all'approvazione Sovrana>>, finalmente l'amministrazione potè procedere all'acquisto dei terreni.
Nel 1896, fu insediata un'altra commissione di esperti coordinata dall'ing. Crescentino Caselli, il progettista dell'ospizio di Torino. Il suo compito era quello di vagliare il progetto del nuovo edificio, elaborato gratuitamente dall'ingenier Del Bono e preferito da quello dell'architetto Molli.
Le gare di appalto furono esperite tra l'agosto e il novembre del 1897 e furono vinte, per i lavori in muratura, dalla ditta Lunati e Piscia; per la ferramenta, dalla ditta Carlo Giustina e figli; per i serramenti in legno, dalla ditta Baraggiotta.
Il progetto originale fu realizzato solo in parte, su di una superficie coperta di circa 1000mq., e con una capacità inferiore rispetto a quella prevista, destinata a ospitare 50 donne e 50 uomini poveri.
Come osservò l'avvocato Pagani ai numerosi borgomaneresi convenuti per l'inaugurazione, <<Il fabbricato, come voi vedete, è poco più della metà di quello che dovrebbe essere, e basta appena a dar ricetto a quaranta poveri. Per ora non si poteva far di più. L'apertura dell'istituto fu celebrata con un nutrito programma di festeggiamenti civili e religiosi a partire dall'8 settembre 1899 e, accogliendo la delibera del consiglio comunale, esso fu denominato Ricovero di Mendicità ed Opera Pia Curti. Purtroppo l'augurio di un pronto compimento dell'opera era destinato a non attuarsi. Pertanto, i locali comuni risultarono troppo ampi e durante l'inverno furono divisi e destinati a più impieghi per risparmiare sulle spese di riscaldamento. Nonostante il ridimensionamento apportato , i lavori di viale Zoppis comportavano spese maggiori di quelle preventivate, per far fronte alle quali gli amministratori dovettero fare appello alle pubbliche offerte e accendere un mutuo di 1500 lire con la Cassa di risparmio di Milano. Nel 1912, con l'insediamento del nuovo ospedale in via Zoppis, si ristabilirono quei rapporti di vicinia caratteristici delle origini dell'Opera Pia Curti e già nel 1903 le due amministrazioni avevano collaborato per apprestare la strada che portava ai terreni dove doveva sorgere il nosocomio.
Nel 1914, la direzione del ricovero deliberò i lavori di recinzione (muro e cancellata) e di drenaggio degli scoli nella parte dell'edificio prospiciente viale Zoppis. Per quanto riguarda gli interni, il nuovo ricovero presentò un'organizzazione articolata. Distribuiti su due piani, vi erano cucina, ripostigli, guardaroba, lavanderia, bagni e cantina; gli spazi indipendenti ricavati per le suore che prestavano assistenza; due salette, di cui una riservata all'amministarzione; parlatoio e portineria; refettori e dormitori separati. Le donne erano sistemate in due camerate con 17 letti; gli uomini in altre tre con 23 letti. Ancora, la struttura disponeva di un oratorio e di uno spazio esterno coltivato e adattato a piccole attività di allevamento e a riparo dagli attrezzi agricoli. Con l'andare del tempo, furono apportate varie modificazioni e ammodernamenti all'impianto originario e, nel 1954, si pensò anche di riprendere i lavori per la costruzione dell'ala nord prevista dal progetto iniziale.
Tuttavia, lo stabilimento, come i suoi ospiti, era molto invecchiato. Di fronte alle mutate esigenze della società contemporanea e ai cambiamenti del quadro legislativo, nessuno di questi interventi si rivelò veramente risolutivo, anzi gli incovenienti aumentarono. Mancava la possibilità di alloggiare i ricoverati in camere piccole o singole. Non c'erano camere di isolamento né una vera e propria infermieria. La sistemazione del personale rimaneva precaria e disagevole. Le barriere architettoniche non potevano essere rimosse con facilità.
La rigidità e i vincoli strutturali dell'edificio mal si adattavano alle esigenze di ospiti non autosufficienti. Inoltre, queste strozzature erodevano piano piano l'immagine dell'ente, dal momento che, osservavano gli amministratori nel 1954 <<molte persone bisognose di ricovero non si adattano ad entrare nel nostro istituto per gli incovenienti gravi dei dormitori comuni e delle molestie suddette e la mancanza di ambienti opportuni>> e il tutto rischiava di mortificare <<l'opera assistenziale che ci sarebbe con nuovi ed adatti ambienti>>.
Lo stesso nome appariva superato dai tempi. Dopo anni che il problema era stato posto, su deliberazione dell'ammistrazione del 27 ottobre 1967 recepita dal decreto del Presidente della Repubblica del 2 aprile 1968, il ricovero assumeva la denominazione di Opera Pia Curti, <<intesa ad adeguare la  denominazione dell'ente alla moderna concezione finalistica della pubblica assistenza>>.
La decisione di abbandonare viale Zoppis fu dunque, per quanto lenta a maturare, saggia e inevitabile.
Il 15 gennaio 1989, il vescovo monsignor Aldo Del Monte partecipava alla benedizione della prima pietra del nuovo edificio di via Monsignor Cavigioli e il 29 dicembre 1991 gli ospiti prendevano possesso della nuova costruzione.
Ai sensi dello statuto del 1999, l'istituto attuale assunse la denominazione di Fondazione "Opera Pia Curti"- ONLUS, Casa di Riposo.
Rispetto alla tradizione dell'antico luogo pio, la svolta era veramente epocale non solo per i mutamenti introdotti nell'assetto istituzionale e nel campo di intervento sociale ma anche per il passaggio dall'ambito della piccola struttura, quali l'ospedalino e il ricovero di mendicità furono per due secoli, allo stabilimento di grandi dimensioni.
(Fonte: libro storico 210 anniversario di fondazione dell'Opera Pia Curti - titolo "LA CARITA' SI FA OPERA" edito nel maggio 2004)
 
 
L'OPERA PIA CURTI OGGI
 
Oggi l'Opera Pia Curti è una fondazione ONLUS, che ha una casa di riposo dove accoglie anziani autossuficienti totali e parziali (14 ospiti) ed anziani non autosufficienti (60 ospiti). Per i non autosufficienti è convenzionata con l'ASL NO e con il Consorzio Intercomunale per la gestione dei Servizi Sociali (C.I.S.S.) di Borgomanero. Nel 1999, per renderla più agile e dinamica nel suo operare è stata trasformata da Ipab in Fondazione.
 
 
LA STRUTTURA
 
La Casa di Riposo Opera Pia Curti si estende su una superficie interna di 7000 mq, in cui convivono diversi servizi messi a disposizione dell'istituto per i propri ricoverati.
Proprio per rimanere fedele al principio che ha ispirato il suo fondatore, garantire la dignità dell'Anziano, in questi ultimi anni l'Istituto ha cercato di razionalizzare gli ambienti al suo interno con un progressivo miglioramento delle condizioni di vita degli ospiti.
Le amministrazioni che si sono succedute hanno avviato il completamento della struttura, dotandola di nuovi servizi: la nuova cappella per la celebrazione della S. Messa quotidiana, il locale parrucchiera/barbiere, la palestra di fisioterapia riabilitativa, l'ambulatorio medico infermieristico, i locali di soggiorno che permettono agli anziani di muoversi agevolmente in spazi più luminosi e consoni alle proprie esigenze.
Il nuovo complesso residenziale è dotato nel suo interno anche di numerosi spazi da destinare a varie attività: saloni per iniziative ludico/ricreative; la sala conferenze "Alfonso De Giuliani" che potrà ospitare mostre, concerti, conferenze per una maggior vicinanza con il territorio e le persone ospitate all'interno dell'<<Opera>>; la nuova e più spaziosa chiesa, disponibile anche per i residenti del quartiere, dedicata alla "Beata Madre Teresa di Calcutta".
L'intera struttura, inoltre, è dotata di ampio parcheggio proprio, di un parco verde attrezzato e collegato, con un percorso protetto, alla grande passeggiata lungo Agogna, con la possibilità di sfruttare l'attraversamento pedonale del fiume e collegarsi alla piazza Salvo D'Acquisto. Insomma il sogno è divenuto realtà. Grazie alla tenacia del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto, alla presenza e supporto di numerosi amici dell'<<Opera Pia Curti>>, al conforto riscontrato nella generosità, a volte anonima di tanti borgomaneresi, si è potuto realizzare una moderna e funzionale Struttura all'avanguardia e con una solida base per il suo avvenire.
Un ringraziamento particolare deve essere rivolto agli Enti e ai grandi Benefattori che hanno economicamente sorretto la realizzazione dell'Opera.
A loro la nostra riconoscenza e plauso per la generosità ai bisognosi e ai sofferenti, confidando sempre nella "provvidenza" così che l'esempio possa essere da altri imitato.
 
 
I PRESIDENTI
 
Nome e Cognome Data di nascita e di morte Presidenza pro tempore
Giovanni Battista CURTI 1720 - 1796 1794 - 1796
Giovanni Maria VICARIJNI 1750 - 1818 1797 - 1818
Paolo Antonio LOSSETTI 1766 - 1831 1819 - 1831
Felice PIANA 1799 - 1868 1831 - 1868
Carlo PARNISETTI 1825 - 1887 1869 - 1887
Ercole Marziano QUARONI 1850 - 1913 1888 - 1913
Pietro MORTARINO 1870 - 1948 1913 - 1948
Angelo RICCI 1903 - 1987 1948 - 1955
Giovanni CAVIGIOLI 1918 - 1989 1956 - 1988
Giovanni GALLI 1929 - 2021 1988 - 2011
Pietro CERUTTI 1952 - vivente 2011 - in carica